Cuma

Donne vestite in nero si camminano
tra la terra sabbia e l'asfalto della strada;
il vento trascina i sentori del sole,
qui arsura e fame sono promesse di piacere.
Ondeggiano le canne alla marina.
L'erba è ancora grassa,
così l'agave alla duna,
e tra il pino confuso al rosmarino,
petroli senza memoria ammalano la rena.
Ora volti stranieri dai colori antichi,
che videro l'inizio delle Storie,
ripropongono l'eterna mescolanza delle razze,
degli atomi il casuale, perenne ricomporsi.
Le donne in nero ripetono un sorriso,
pure se il tempo si abbatte sulle labbra,
ne fa neri i denti, goffe le movenze,
conservano sogni che noi non ricordiamo.
Muri reticolati si attardano ad esistere.
Scheletri di memorie, testimoni offesi,
soffrono l'inutile sopravvivenza delle spoglie
di chi troppe volte muore.
Di fronte il mare

a riproporci ancora un orizzonte
oltre il quale dobbiamo navigare.

La marionetta

Il viso tagliato dal coltello,
dal coltello il suo sorriso,
in un estremo urlo di libertà
la marionetta recise i fili

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Est

Freddo di nevi e lontananze
e treni,
che non partivano per te
e aerei,

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Altrove

Il nero riarso delle sterpi
restituisce l’odore buono della fanciullezza,
e di un vecchio scolpito nella carne,
statua senza piedistallo,

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Daniela

Mariagrazia

Luci

Ricordi