Di che colore sono le tue lacrime?
Quanto velenoso il silenzio del tuo essere?
Non per usare un bilancino da farmacia
ma lacrime e silenzi mi schiantano,
mi annullano, mi annebbiano, soffoco!
Vorrei inciampare ancora per il trillo del telefono,
fare le scale fischiettando,
pochi pensieri a occupare il tempo del cerchio del sole.
Entro nei giorni come in gelatina
che solo di notte si dissolve appena,
con i piedi così distanti dalla testa
e le cose così estranee all'interesse.
Vorrei soffrire per i cinesi
ma settemila non ne valgono una,
dichiarare ancora guerra all'ingiustizia,
ma le aquile non si posano sulle tombe,
non spiccano voli dai cimiteri.
Rotolo il mio cervello nei vicoli della notte,
come una lattina colma di biglie di vetro,
stordisce il frastuono sul selciato ineguale.
Cammino sui binari di un solo pensiero
la sua lacerante insostenibile assenza;
è un iceberg fra cubetti di ghiaccio,
un oceano fra pozzanghere d'acqua piovana,
un cielo fra soffitti neri di muffa
Non è un ricordo che alimento e coltivo,
sotto quella stupida tragica lastra di marmo,
ma il metro, la misura delle cose,
l'esatta valenza degli accadimenti,
la cartina al tornasole delle mie capacità,
le favole sognate dall'eterno bambino,
la soddisfazione della completezza dell'uomo,
il canto delle parole, l'armonia del silenzio.
Tu almeno viaggi tra le tue poesie,
insegui ad alta voce tempi migliori,
spingi frammenti di speranza fino a dopodomani,
tra i calcinacci e le rovine dei tuoi errori,
s'erge ancora il totem delle tue fedi,
difendilo a costo di scorticarti l'anima,
verità e menzogna sono solo realtà,
mordi la vita, succhiane gli umori,
spalancale le cosce,
violentala all'orgasmo,
restituisci il tuo involucro vuoto di tutto,
l'unica immortalità è quella della morte.
Non gettare i tuoi occhi nei miei a pescare speranze,
vivo per riempire di vino, di sonno, di fumo,
il posto che ho al posto del cuore,
e l'unico desiderio
è morire la morte di Rimbaud
sputando in faccia agli dei.
Ma qualche volta senza che me ne accorga,
cerca tra le spirali del mio finire,
come in un album di foto sbiadite,
un tempo in cui sorrido con gli occhi,
sovrapponilo al mio presente
e fanne un ricordo.