Finire

Perché deformi il viso
per mostrarmi a pieno
l'ingiuria della morte?
L'inutilità del ricordo?
Per scompormi la memoria?
Per darmi il senso terreno
della concretezza dell'assenza?
della necessità della resurrezione?
Lenta scivola l'immagine,
l'oblio ne confonde i tratti,
ne sedimenta le energie.
Il corpo è già disfatto,
ma le idee, come i pensieri,
hanno ali di pipistrello,
vorticosamente turbinano
nei vuoti del cervello.
Ali uncinate e nere
artigliano i volti nuovi,
spuriano il presente
...e mi ripeto voglio vivere
solo per destinazione,
traccio strade incerte
per incerti passi,
disegno motivi fragili
per fragili necessità,
innalzo bandiere rosse
per guerre inesistenti,
accendo fuochi freddi
d' intelligenze artificiali
senza peso e profondità.
Rantola il desiderio,
la mia carne animale
pulsa per conservazione,
si spegne per denutrizione
la mia volontà anoressica.
Sento il tempo andare
per il solo compimento
si confondono le luci
tra ombre ed altre luci
tra soli e lune eguali.
Distrattamente mi domando
della follia qual'è il confine
e se potrei distendere la mente
tra le sue braccia informi.
Finire finalmente

...ma c'è il rumore del mio cuore.

Rondine

E questa rondine vola ancora,
incessante graffia il cielo
invasata dal verme delle greggi.
Bevo caffè senza zucchero
strisciando sulle maree dell'umore,
biascico assicurazioni di speranza
pagandole con premi smisurati.
Abbasso gli occhi agli occhi delle donne
per non trovarci un'espressione vista,
uso abilmente parole ambigue
per rinnovare le danze dell'amore
senza sentirne più le armonie.
E tu ragazza dai capelli corti,
che somigli a un viaggio in terre lontane,
che mi ricordi un fuoco non ancora spento,

anche tu ti poggi appena sul cuore,
attraversi in fretta la mia notte;
pensiero liquido come la nostalgia
destini che s'incontrano per deviare ,
continuare insieme o allontanarsi per sempre,
anche tu hai dato un colpo di colore
sulla tela della mia storia
lasciandomi appena un po diverso.
Eppure vola ancora questa rondine,
graffiando disperata un cielo sempre più basso,
e vola verso le lacrime non ancora piante,
cercando le ultime parole non ancora dette,
con la paura di chi conosce il dolore
e con l'incoscienza di chi lo ama.

Ripetizioni

Pace! Pace! Pace! Pace!
Fermatemi quest'anima
tesa come una fucilazione
e questo cervello che liquefa
ricordando senza sosta.
E' un'onda che consuma la battigia,
un cuore che pulsa ti batte nella mente
eguale a se stesso eguale a tutto il resto.
La verità può essere anche triste,
che colpa ha chi ha inventato l'orologio?
Forse che il tempo si sarebbe mai fermato?
Ci salva d'un Sisifo la folle noncuranza,
la tentazione di un viaggio per Pangea,
o più semplicemente il non morire in fretta.
Ma poi incontri gli amici ai funerali,
così uguali agli altri con facce da parenti,
e incontri te dove non avresti mai voluto.
Così la noia ricama le serate estive,
fa cornici intorno agli occhi delle donne,
inspessisce e ammorba le compagnie di sempre,
cristallizza il tempo intorno ad un'inutile esistenza.
Ah quest'intelligenza fatta a coda di scorpione,
è una rivoltella puntata giusto nella tempia,
è del potere l'inconsapevole condanna,
d'un potere che s'alimenta e vive
mangiando il proprio cuore.

Quante pistole

Quante pistole hai comprato
per la tua felicità?
Quanti affetti hai ucciso
in questa lurida guerra?
o sei come gli altri,
che muovi le mani troppo in fretta,
dici parole troppo veloci
e troppo belle per essere vere?
Hai arredato la casa con le occasioni perdute,
i fiori della nostalgia li hai messi alle finestre,
e nel salotto un cristo enorme
per odiarlo meglio ed in silenzio.
Tuo figlio è tutto,
tuo marito il resto,
e tu, dimmi, tu disegni ancora burattini?
una canzone si ferma ancora alle tue labbra?
leggi ancora Spoon River?
o hai comprato un bell'abito blu?
perdi ancora il sangue dal naso facendo l'amore?
o hai affittato un museo
dove hai messo i ricordi

e di nascosto
ogni tanto
vai a vederli appassire?

Mio padre

Il fiume ristagna in anse nuove,
cerca sponde per riposare l’attesa
che l’uomo gli restituisca il letto.
A valle clamore d’un disordine d’acque
a monte silenzio d’acque umiliate.
Un uomo è seduto sull’argine.
Aspetta?
Ricorda?
Sogna?
Riposa?
Lo osservo.
Svanisce in un calare di palpebre.
Riappare lacero d’anni
a restituire ad un cancro
ciò che un duce e la guerra
non avevano avuto.
E l’estate continua.
Mio padre lentamente si spegne
nella luce ferma di Agosto.

Era terra fresca
di sapore umido
e scura di fertilità
mio padre
partiva vestito di blu.
Forse ho pianto,
non ricordo.
Ruppero la cassa,
usanza barbara,
violenza ai timpani
e all’anima.
Lamenti di donne
e il mento di mia madre
un po’ tremante.
Poi parole di gente
appena vista,
poi parole di gente
che non tace.
Così
mentre i morti marciscono
i vivi costruiscono altari.